Probabilmente sarà vero: due indizi forse non fanno una prova.
Ma ogni giorno le testimonianze che raccogliamo dal vivere quotidiano, urlano affermando il declino inesorabile del nostro Paese. Se le considerazioni negative della gente a noi vicina, possono essere considerate soggettive e frutto di localizzazioni geografiche, non possono essere trascurate le ultime due importanti indagini fatte nel 2013 e nel Febbraio del 2014.
Nel rapporto How's Life? 2013 stilato dall’OCSE e divulgato a fine Novembre 2013, emerge infatti che il benessere non è più di casa nel nostro Paese, che scivola al 29° posto su 34 Paesi. In Italia (-12%) si è registrato lo scivolone di soddisfazione maggiore tra le Nazioni coinvolte nell’indagine, alle spalle della sola Grecia (-20%) devastata dall’austerity.
Infatti, ciò che viene fuori è l’immagine di un italiano con sempre più sfiducia nelle istituzioni, sempre meno soddisfatto del proprio benessere, alle prese con differenze di genere che si ampliano sempre di più e, caratteristica unica nell’indagine, con il peso della propria casa ormai divenuto insostenibile.
Ma in questo insieme di dati negativi emerge anche l’aspetto migliore degli italiani, e cioè l’aumento di diverse forme di solidarietà ed impegno sociale, cresciuto di un + 22%, di gran lunga superiore a quello degli altri Paesi.
Ma in questo insieme di dati negativi emerge anche l’aspetto migliore degli italiani, e cioè l’aumento di diverse forme di solidarietà ed impegno sociale, cresciuto di un + 22%, di gran lunga superiore a quello degli altri Paesi.
La tabella seguente mostra come si colloca l’Italia per ognuno degli 11 indicatori rispetto ai 34 Paesi considerati:
Il rapporto How's Life? 2013
Il giudizio su “reddito e ricchezza”, ancora elevato, non deve trarre in inganno, poiché il declino dei redditi cumulati (-7%) tra il 2007 ed il 2011 è tra i maggiori dell’area Ocse.
Indicatore peggiore è senza dubbio la percentuale molto bassa (42%) delle persone “molto soddisfatte” della propria vita, uno dei valori minori dell’indagine.
Il secondo indizio viene dal Global Retirement Index 2014 di Natixis Global Asset Management, che prende in analisi 150 Paesi a livello globale circa la sicurezza finanziaria post-pensionamento e l’effettiva possibilità dei risparmiatori e degli investitori di raggiungere le proprie necessità e aspettative dopo l'età pensionabile. Lo studio si basa su 20 indicatori chiave appartenenti a quattro categorie: qualità del sistema sanitario; redditi e finanze personali; qualità della vita; fattori socio-economici.
La combinazione dei vari indicatori offre una misurazione delle condizioni di vita e del benessere finanziario attesi da chi è già in pensione o da chi è in procinto di andare in pensione.
Tra i 10 paesi meglio posizionati nella classifica Global Retirement Index 2014, otto sono europei, tra i quali i cosiddetti paesi "core": Svizzera, Norvegia, Austria, Svezia, Danimarca, Germania, Finlandia e Lussemburgo. Gli unici Paesi non europei a entrare tra i primi 10 sono Australia e Nuova Zelanda. Confrontando la ricerca con quella condotta lo scorso anno (Global Retirement Index 2013), i cambiamenti più significativi quest’anno sono rappresentati dall’Irlanda, che è salita dal 48° al 24° posto e dall’Islanda che si posiziona all’11° posto rispetto al 23° dello scorso anno.
Risultano solo leggeri movimenti tra i paesi sviluppati della top 30 e L’Italia è scesa di 2 posizioni (dal 21° al 23° posto), dietro a Islanda, Belgio, Olanda, Francia, Repubblica Ceca, Slovenia e Repubblica Slovacca. Non propriamente una posizione brillante per un paese del G8.
Tra i 10 paesi meglio posizionati nella classifica Global Retirement Index 2014, otto sono europei, tra i quali i cosiddetti paesi "core": Svizzera, Norvegia, Austria, Svezia, Danimarca, Germania, Finlandia e Lussemburgo. Gli unici Paesi non europei a entrare tra i primi 10 sono Australia e Nuova Zelanda. Confrontando la ricerca con quella condotta lo scorso anno (Global Retirement Index 2013), i cambiamenti più significativi quest’anno sono rappresentati dall’Irlanda, che è salita dal 48° al 24° posto e dall’Islanda che si posiziona all’11° posto rispetto al 23° dello scorso anno.
Risultano solo leggeri movimenti tra i paesi sviluppati della top 30 e L’Italia è scesa di 2 posizioni (dal 21° al 23° posto), dietro a Islanda, Belgio, Olanda, Francia, Repubblica Ceca, Slovenia e Repubblica Slovacca. Non propriamente una posizione brillante per un paese del G8.
Il settore in cui l’Italia si distingue è la qualità della vita dei pensionati (indice di soddisfazione, fattori ambientali e climatici), in cui è 15esima (sul podio Svizzera, Norvegia e Danimarca). Per ciò che riguarda il diritto alla salute e sistema sanitario per gli anziani (aspettativa di vita, copertura dell’assicurazione sanitaria, posti letto, servizi) siamo 19esimi (sul podio Austria, Germania e Francia). Infine, per benessere materiale (reddito, indice di disoccupazione) l’Italia è molto in fondo alla classifica, collocandosi al 30esimo posto (sul podio Norvegia, Lussemburgo e Austria).
Vero e proprio dramma invece per il nostro Paese è la fiducia nel sistema pensionistico che è fra le più basse in Europa, soprattutto rispetto al periodo del proprio pensionamento, che include una serie di fattori come il mercato degli investimenti, la sostenibilità del sistema pensionistico, l’inflazione, i tassi d’interesse, la pressione fiscale e il debito pubblico (voce inserita per la prima volta nelle misurazioni 2014).
Il Belpaese si caratterizza per un'aspettativa di vita alta, relativamente bassi costi per la spesa sanitaria, con un elevato numero di medici pro capite, ma in linea con gli altri paesi sviluppati inseriti nella top 30, dove i vari governi nazionali sono alle prese con alti livelli di debito e continue pressioni finanziarie che fanno leva sempre più sui sistemi previdenziali, tanto che i futuri pensionati dovranno iniziare a pianificare oggi per far fronte a questi cambiamenti.
Tutti i Paesi, l’Italia in primis per aspettativa di vita, dovranno fronteggiare le sfide poste in essere dal crescente invecchiamento della popolazione. Gli eccessivi carichi finanziari, grazie a programmi di educazione finanziaria che coinvolgono cittadini/risparmiatori ed addetti ai lavori, potranno nel tempo essere spostati sempre più sulle spalle dei contribuenti, rendendo meno gravosa la situazione della finanza pubblica, che potrà così concentrarsi sull’erogazione di pochi servizi essenziali e di qualità.
Per poter arrivare a realizzare questo, sarà necessario far capire ad ogni risparmiatore che non è più pensabile l’investimento mobiliare fine a se stesso ed in funzione del solo tasso, ma al contrario sarà indispensabile la pianificazione dei propri risparmi in funzione degli obiettivi di vita, identificando diversi portafogli d’investimento che puntino ad avere la giusta redditività, necessaria al raggiungimento dello scopo per il quale si risparmia.
Ciò sarà realizzabile solo se verrà recuperata la fiducia dei cittadini nei confronti del sistema bancario e finanziario, che dovrà impegnarsi a riqualificare il rapporto con i propri utenti/risparmiatori attraverso la valorizzazione di quelle figure professionali al suo interno, quali i Family office o i Promotori Finanziari, che sempre più negli ultimi anni stanno conquistando quote di mercato, a testimonianza di un crescente ed inevaso bisogno di consulenza finanziaria da parte dei cittadini italiani.
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